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L’equo compenso è diventato legge.






Con la legge sull’equo compenso (legge 49/2023 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale) dal 20 maggio cambiano alcuni elementi definiti cardine dei rapporti tra professionisti e committenti.





La legge si applica a ogni professionista, sia a coloro che siano iscritti a un Ordine, sia a coloro che appartengono alle professioni non regolamentate come gli amministratori di condominio, i tributaristi e anche e soprattutto ai DPO (Data Protection Officer).
I primi per determinare un equo compenso si dovranno rivolgere ai parametri indicati nei decreti ministeriali in relazione a ogni singola categoria, i secondi dovranno aspettare che vengano perfezionati i valori ai quali ci si deve rivolgere per la prima volta.
La legge affida questo compito al Ministero dello Sviluppo economico, ora anche delle Imprese e del made in Italy.
Esclusivamente gli avvocati potranno contare da subito su parametri appena aggiornati, che sono in vigore dallo scorso mese di ottobre.
Le altre categorie hanno valori molto vecchi, alcuni anche di dieci anni che non prendono in considerazione le competenze innovative.
In seguito alla approvazione dovrà ripartire una scrittura delle tariffe  con una revisione a cadenza biennale. 
Il risultato è il ritorno delle tariffe obbligatorie, che verranno determinate dai decreti ministeriali di competenza.





Gli onorari professionali dovranno essere determinati in base ad elementi diversi, come l’urgenza e il pregio dell’attività prestata, l’importanza, la natura, la difficoltà e il valore dell’affare, le condizioni soggettive del cliente, i risultati conseguiti, il numero e la complessità delle questioni trattate.





Come si legge su Diritto.it i professionisti potranno impugnare davanti al Tribunale competente le convenzioni, i contratti, gli esiti delle gare, gli affidamenti, gli elenchi di fiduciari o qualsiasi accordo che preveda un compenso non equo.
Attraverso l’impugnativa gli stessi possono chiedere l’annullamento degli accordi e la rideterminazione del compenso secondo i Parametri ministeriali.
Al termine del giudizio, al professionista, a parte la differenza tra la somma percepita e l’equo compenso, può essere riconosciuto un indennizzo.


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